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C'era una volta il Sole... | La leggenda di Paivatar

Aggiornamento: 1 apr 2021


C'era una volta una Terra in cui il Sole, per metà dell'anno, scompariva. In un tempo in cui non esistevano la scienza e la conoscenza, l'apparire e lo scomparire periodico della luce avevano bisogno di una spiegazione. Qualcosa che aiutasse l'uomo a sopravvivere nei freddi e bui mesi in cui il Sole non scaldava la terra con i suoi raggi, portando vita e nutrimento.

La leggenda di Paivatar

E così i vecchi iniziarono a raccontare la storia di Paivatar, bellissima e luminosa Dea del Sole e della Libertà, che fu imprigionata insieme a suo figlio (la Luna, in alcune versioni della storia la sorella della Dea) dalla perfida strega del Nord, Lohui. Lohui usò una musica incantata per imprigionare la Dea dentro una gabbia e la portò in una profonda caverna in mezzo a un deserto. Mise i suoi figli di guardia alla caverna e un nido di serpenti.

In Finlandia gli inverni possono essere terribili, e fu così che gli Dèi, stanchi di sopportare il buio e la morte portati dall'assenza della Dea, incaricarono un fabbro, Illmarinen, e un cantastorie, Vainamoinen, di risolvere la situazione.

Subito il fabbro, da bravo uomo d'azione, si mise a fabbricare due astri di metalli: un disco dorato per sostituire il Sole e uno argentato per sostituire la Luna. Vainamoinen avvertì il fabbro che stava lavorando per nulla, perché il metallo non avrebbe potuto illuminare né scaldare. Illmarinen non cedette e fissò comunque i suoi dischi alla volta celeste... per poi accorgersi che non aveva risolto nulla.

Così Vainamoinen fece quello che i cantastorie sanno fare meglio di chiunque altro: si mise in ascolto, e riuscì, nel freddo silenzio della lunga notte, a sentire un dolcissimo canto. Era la Dea che lo stava chiamando. Fu seguendo il canto della Dea che Vainamoinen si ritrovò ad attraversare il deserto e a raggiungere la caverna. Subito venne attaccato dai figli della strega (secondo alcune versioni della storia prima di attaccarlo gli sottoposero degli enigmi) e dai serpenti, ma forte del suo coraggio e del desiderio di salvare la Dea, riuscì a vincere, uccidendo i nemici. Così entrò nella grotta, dove trovò la Dea rinchiusa nella pesante gabbia. Nonostante i suoi sforzi, non riuscì ad aprirla, così decise di andare a chiedere aiuto al suo amico, il fabbro. Tornò al villaggio e gli chiese di fabbricare degli strumenti magici con cui aprire la gabbia. Il fabbro, felice di poter essere d'aiuto, si mise subito al lavoro.

Nel frattempo, Lohui era tornata alla caverna e vedendo i suoi figli morti e i serpenti sconfitti, comprese che la Dea era stata trovata. Si trasformò così in un uccello e raggiunse il villaggio. Appollaiata alla finestra della bottega del fabbro, gli chiese cosa stesse facendo. Lui, che era un uomo intelligente, riconobbe subito la strega. "Sto costruendo una collana magica per incatenare una strega a una pietra", disse. Lohui non ci mise molto a capire che i suoi giorni erano contati. Così scelse di farsi da parte. Andò a liberare la Dea, facendo svanire la gabbia, e tornò dal fabbro.

"Guarda", gli disse, "il Sole splende di nuovo". La Dea era libera, la vita era tornata.

Alla scoperta del significato

Come spesso accade quando si parla di storie e di leggende, comprendere chi sono i personaggi dà una chiave di lettura che permette di integrare l'archetipo e aiuta a lavorare su esso. E' facile identificarci nella Dea, dal momento che il motto dell'Accademia è "io sono la Dea". Chi sono quindi gli altri personaggi?


Noi siamo gli unici veri protagonisti della nostra storia.


Tenendo questo fatto bene in mente, ecco che tutti si svela. Noi siamo la Dea, ma noi siamo anche Lohui, e i suoi figli. Siamo i serpenti a guardia della grotta e siamo il cantastorie e il fabbro. Non è sempre comodo identificarci con un personaggio che consideriamo "negativo" (se davvero si può parlare di positivo e negativo!). Ma accettare profondamente questa verità mette nelle nostre mani le chiavi della Libertà.

Ecco quindi che io sono la strega che imprigiona la Dea che è dentro di me, isolandola, mettendo tra la mia luce e tutto il resto un deserto, una caverna e una gabbia. Perché arriviamo a far scomparire la nostra luce? Che cosa spinge la strega a rapire il Sole? Forse voleva che ci si accorgesse di lei? Forse si sentiva esclusa, abbandonata e non compresa? Oppure voleva in realtà proteggere la Dea e la sua Luce, portandola in un luogo inaccessibile in cui nessuno avrebbe potuto farle male? O, ancora, pensava che la Dea non meritasse tutto l'Amore che le veniva riservato? Sentiva addosso il peso dell'ingiustizia?

La storia questo non lo racconta: lascia a noi il compito di scoprirlo. E la risposta che decidiamo di darci, dice molto di quello che è il nostro mondo interiore.

Quello che sappiamo è che quando la strega viene "riconosciuta", decide di andare a liberare la Dea. Non sembra strano? Stiamo parlando di una potente strega, così potente da essere riuscita a imprigionare la Dea e suo figlio, bloccando le giornate in un eterno tempo sospeso, né giorno, né notte. Persino gli Dèi non la combattono ma incaricano due uomini di trovare una soluzione. Perché quindi la strega sceglie di "battere in ritirata" invece di combattere per la sua supremazia?

Mi piace pensare che il suo vero scopo fosse quello di essere riconosciuta, vista per quello che è. E non è esattamente quello di cui hanno bisogno le nostre ferite, le nostre parti oscure, quelle in ombra? Non è forse vero che molto spesso scegliamo di non vedere, di non considerare ciò che ci fa male? Ci illudiamo di averlo superato, che in fondo non era importante, di aver "capito"... ma in realtà facendo così spingiamo Lohui a urlare più forte e a creare la musica incantata con cui imprigioniamo noi stesse. Una musica fatta di "non sei capace", "non vali abbastanza", "ma chi ti credi di essere", "non dovevi fare quella cosa", "amare è pericoloso", "i tuoi obiettivi sono troppo elevati", e via dicendo. Ogni verso di questa canzone perversa ci intrappola sempre più a fondo dentro la gabbia, al centro della caverna isolata in mezzo al deserto. Non ci sono scappatoie. Non riusciamo a liberarci, senza l'aiuto di qualcuno.

Ed ecco entrare in scena il fabbro e il cantastorie. Se io sono la Dea e sono anche la Strega, chi sono il Fabbro e il Cantastorie? Quale parte di me rappresentano? Il fabbro prende le sue decisioni in modo razionale, preciso, logico. Il cantastorie invece si mette in ascolto e parte, senza preoccuparsi di portare con sé quello che potrebbe servire, segue semplicemente ciò che sente. Essi sono la perfetta rappresentazione della nostra mente e del nostro cuore: la ragione contro il sentimento.


Ma quand'è che la Dea viene liberata?


Quando entrambi comprendono che le loro soluzioni sono solo parziali. Quando decidono di collaborare e il cuore chiede aiuto alla mente che, a sua volta, segue le indicazioni del cuore.

Alla fine, questo è il vero segreto, la magia che sblocca tutta la situazione. La nostra mente reagisce al nostro isolamento cercando di sostituire la nostra luce, di impegnarsi in altre attività che non contemplano la ricerca interiore. Il cuore invece in quella ricerca si perde, sopraffatto dalle sensazioni. Dentro di sé sa che quella gabbia può essere aperta ma non sa come fare. Solo quando permettiamo alla nostra mente e al nostro cuore di collaborare riusciamo a vedere la strega per quello che è e liberare la Dea che è in noi.


Mi piace pensare che al termine della storia, come dopo una rappresentazione teatrale, tutti i personaggi salutano tenendosi per mano, sul palcoscenico, felici di essere riusciti a intrattenerci e a farci riflettere quel tanto che basta da tornare trasformati alle nostre case. Così farò io: un breve inchino e un omaggio... fino alla prossima storia!


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