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Kali | Quando una donna toglie la maschera


Una delle prime cose che insegnano a una donna è essere una "brava bambina". Che poi si traduce in

"brava ragazza", "brava moglie", "brava mamma"... In sostanza cosa significa?


Significa essere obbedienti, buone, delicate, invisibili. Significa non dare fastidio, non parlare se non sei interrogata, non essere appariscente, non far sentire la tua voce. E noi ci crediamo, al punto che quando una donna invece alza la testa e si fa sentire, esprime se stessa decidendo di fregarsene di queste regole, ecco che viene additata. Strana, ribelle, fastidiosa, pericolosa.



Quando Kali diventa indispensabile


Credo che mai come in questo periodo storico sia necessario conoscere un archetipo di donna diversa: indipendente, coraggiosa, selvaggia e pura... dove per pura si intende priva di maschere, di convenzioni, che si mostra per quello che è senza fronzoli.

Nella mitologia induista esiste una Dea che rappresenta proprio questo archetipo: Kali, la spaventosa, straordinaria, meravigliosa Dea il cui nome significa letteralmente, nera, oscura.

Quando parliamo di induismo ci troviamo di fronte a una mitologia molto complessa e soprattutto varia. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di una religione antica e molto vasta. Così ogni divinità è adorata in modo diverso in diverse correnti e tradizioni. In molte di queste, Kali è adorata come la Grande Madre, e ogni suo aspetto è rispettato e onorato.

Nella concezione orientale è normalissimo accettare che una divinità abbia sia un lato benevolo che uno oscuro e, a tratti, devastante.


Ma chi è Kali?

La visione occidentale di Kali oscilla tra due diverse rappresentazioni. Una è quella quasi ironica della Dea dalle molte braccia (caratteristica che non è peculiare di Kali, ma di moltissime divinità orientali, non solo induiste - basti pensare alla cinese Kwan Yin, chiamata la Dea dalle mille braccia). L'altra è quella della Dea spaventosa con la pelle blu e la lingua insanguinata.

La realtà, come sempre, è molto più complessa.


Kali è uno degli aspetti della Shakti. Moglie di Shiva, nella sua forma benevola (Parvati) elargisce benedizioni, mentre nella sua forma terribile e selvaggia diventa una Dea inarrestabile. Shiva stesso è il Signore della distruzione, contrapposto a Brahama, il Creatore.

Diventa più facile comprendere questa dicotomia (che in realtà non è affatto tale) se osserviamo la natura e il suo ciclo. Tutti noi aspettiamo sempre con ansia la primavera e l'estate, l'esplosione di caldo, vita, creazione. Eppure, esse non potrebbero esistere se non ci fossero anche l'autunno e l'inverno, con il loro raccoglimento e la loro opera di "distruzione".


Un concetto importante


E' molto importante comprendere questo concetto, perché se lo facciamo, osservando la nostra vita noteremo che ogni volta che abbiamo costruito qualcosa di duraturo e importante, abbiamo dovuto distruggere qualcos'altro (non fosse altro che la nostra paura di procedere).

E' questo che fa Kali: distrugge gli ostacoli, le paure, le convinzioni e gli schemi mentali che tengono fermi, immobili... morti.

E nel farlo ti spinge ad essere te stessa, a ribellarti, ad alzare la tua voce. Dipinge di blu la tua pelle perché non passi inosservata, ti butta in mezzo alla mischia così come sei, senza maschere, senza imposizioni. Lavorare con Kali significa prendere te stessa e rivoluzionare tutto quello che credevi di essere, di sapere, fino al momento, magico e potente, in cui trovi chi sei davvero.


A quel punto spetta solo a te.

Avrai il coraggio di esprimere te stessa o tornerai a indossare la maschera?

Kali, in occidente, viene vista come spaventosa, pericolosa: meglio non averci a che fare. E' una Dea oscura, e come tale incute timore.

Da quando "oscuro" è diventato sinonimo di "negativo, pericoloso"?

L'etimologia del termine oscuro è davvero interessante. Deriva da "obscurus", da ob (sopra) e scurus (coperto).

Quindi quando si lavora con una Dea oscura, come Kali, non si tratta di andare a scomodare negatività e pericolo, ma di portare alla luce quello che era coperto.


Togliere le maschere


Nessuno sa farlo bene come Kali: lei distrugge le maschere, le convenzioni sociali, gli schemi mentali, gli ostacoli e tutto quello che impedisce alla vera TE di venire alla luce.

Per questo è vista come pericolosa in una società che, spiace dirlo ma è così, è ancora maschilista e ancora considera le donne indipendenti e forti altrettanto pericolose e da etichettare.

Non è la prima volta che una Dea forte e indomabile viene descritta come negativa: presto parleremo di altre Dee, come Lilith o Era.

La domanda adesso è: che effetto ti fa vedere Kali? Che effetto ti fa pensare di lavorare con quel tipo di energia?

Sei elettrizzata o spaventata? O, più probabilmente, entrambe le cose?


Kali e noi


Ci ho messo tanto tempo prima di decidermi a lavorare con l'energia di Kali. Ammetto di aver avuto paura. Non perché mi spaventasse la sua iconografia (viene rappresentata sia nella sua forma tranquilla che in quella selvaggia, con tanto di occhi spalancati, collana di teschi e lingua insanguinata), ma perché sapevo che avrei dovuto scardinare tutto quello che, fin da piccola, mi era stato insegnato, imposto, in quanto donna.

So che quando parlo di questo divento scomoda, molti (anche donne) mi dicono che esagero e che non è vero che le donne sono ancora discriminate. Che in fondo viviamo in una parte del mondo privilegiata.


Davvero? Dev'essere per questo che una donna non può permettersi il lusso di fare una passeggiata da sola di sera. O che durante un colloquio di lavoro, ancora, le venga chiesto se ha o desidera avere figli. Oppure dev'essere certo in nome della parità che una donna riceva uno stipendio inferiore di un uomo occupando la stessa posizione. Dev'essere perché viviamo in una parte del mondo privilegiata che le donne sono state la categoria che più ha sofferto in questa pandemia.


E anche se tutto questo non esistesse, se anche vivessimo in un'oasi di privilegi e di parità VERA... che dire del resto del mondo?

Kali è anche la vendicatrice delle donne maltrattate. Le donne vittime di violenza si rivolgono a lei in preghiera per ottenere giustizia. Si può dire lo stesso di noi? Possiamo dire che siamo impegnate nella lotta mondiale affinché la violenza di genere scompaia? O ci accontentiamo di non essere noi le vittime?

Perché le "brave ragazze" non si intromettono negli affari altrui, no?

Forse è arrivato il momento di bruciare l'immagine della brava ragazza, dipingerci la pelle di blu e combattere con tutte le armi e la forza che abbiamo per cambiare questo mondo: perché solo distruggendo ciò che non va possiamo costruire qualcosa di meglio.



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